venerdì 21 dicembre 2012

Bilancio 2012 - Parlano gli addetti ai lavori

Bilanci/ Editori, bibliotecari e librai, ecco il bello e il brutto del 2012

Cosa salvare e cosa dimenticare dell’anno che si sta concludendo? Il presidente dell'Aie Polillo, dell'Aib Parise e dell'Ali Galla fanno un consuntivo delle cinque cose da salvare e delle cinque da buttare...

Un estratto dal nuovo numero del "Giornale della Libraria"

Giovedì, 13 dicembre 2012 - 07:05:00
GiornaleDellaLibreria
Cosa salvaree cosa dimenticare dell’anno che si sta concludendo? I presidenti di Aie, Aib e Ali fanno un consuntivo delle cinque cose da salvare e delle cinque da buttare.

LE CINQUE COSE DA SALVARE...
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Alberto Galla (presidente Ali). Nel 2012 abbiamo provveduto a rinnovare le nostre cariche, all’insegna di una precisa volontà di rinnovamento dell’Ali, sempre più necessario in tempi di crisi. La prima cosa che vorrei salvare è questa Ali rinnovata, non tanto e non solo nelle persone, quanto piuttosto nel desiderio di porsi sempre come punto di riferimento per le librerie indipendenti. I librai devono tornare ad avere fiducia nella propria associazione e confidare che ogni azione sarà intrapresa a loro tutela e sostegno. Ma perché tutto ciò possa avere effetto, deve crescere la consapevolezza che da questa situazione si esce con la volontà di fare rete e mettere in comune le migliori attività che ognuno, nel proprio territorio, svolge.
Stefano Parise (presidente Aib). Dopo le polemiche suscitate dalla «legge Levi», la proposta avanzata dall’associazione Forum del libro ha offerto un’occasione di confronto alle associazioni di bibliotecari, editori e librai. L’aumento dei lettori è la priorità numero uno per tutti, da perseguire con politiche e interventi coordinati e coerenti con una normativa quadro sulla lettura che oggi in Italia non esiste. Senza questo il mercato e gli utenti delle biblioteche non possono crescere. Marco Polillo (presidente Aie). E-book e digitale: questo 2012 ha definitivamente incoronato il mercato degli e-book come il segmento più innovativo dell’industria editoriale. In soli due anni e mezzo la produzione italiana è arrivata a quasi 38 mila titoli in digitale. Il 37% delle novità italiane sono oggi pubblicate anche in versione e-book. Non è male per cominciare.
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A. Galla. Vorrei salvare il peso crescente delle varie iniziative a sostegno del libro e della lettura. Solo attraverso il progressivo sviluppo di festival, fiere, manifestazioni e performance attorno al libro, non solo si riuscirà a far crescere gl’indici di lettura, ma si potrà dimostrare che è strettissima la relazione tra sviluppo della lettura e crescita economica. In questo senso va sostenuta e arricchita anche la proposta di legge messa a punto dal Forum del libro presentata a Passaparola a Vicenza.



S. Parise. L’Aib ha organizzato a ottobre la prima Giornata nazionale delle biblioteche, per portare in piazza l’orgoglio di una parte importante di professionalità che lavora quotidianamente per la cultura. Il primo BiblioPride ha avuto il suo epicentro a Napoli, ma è stato un successo nazionale con 260 adesioni da nord a sud e di attenzione mediatica. Un modo per ricordare a tutti che un Paese senza biblioteche, senza libri, senza cultura non ha alcun futuro. Un appuntamento che si ripeterà a Firenze nell’ottobre prossimo.

M. Polillo. Il Maggio dei libri. La sua novità e importanza sta nel fatto che tutti i soggetti interessati, tra cui ovviamente Aie, sono stati mossi dal comune intento di mettere al centro per un mese il libro in tutte le sue declinazioni e in tutta Italia. Per noi ha funzionato: non a caso, maggio è stato l’unico mese a chiudersi con un segno più. C’è da rifletterci. Nel frattempo, lo rifaremo nel 2013.
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A. Galla. Va da sé che intendo salvare la «legge Levi». Ogni giorno sono sempre più convinto che, nonostante alcuni elementi di criticità che ne hanno limitato l’efficacia, essa costituisca un efficace strumento per consentire alle librerie medio-piccole di sopravvivere in un mercato diventato difficile, con forti concentrazioni editorial-librarie che hanno una marcata posizione dominante.

S. Parise. La normalità del coraggio, una dote preziosa che spesso è smarrita. La biblioteca dei Girolamini si è salvata solo grazie a due suoi bibliotecari, Maria Rosaria e Piergianni Berardi, che hanno detto no allo scempio e alla rapina assumendosi il rischio di denunciare ciò che in molti sapevano. L’amore per il proprio lavoro e il senso del valore che erano chiamati a preservare ha potuto più della paura. Un esempio per tutti e un’altra cosa che salverei.

M. Polillo. Vendiamo sempre più titoli agli editori stranieri e vediamo nelle nostre classifiche sempre più libri italiani rispetto a quelli tradotti. Crescono le coedizioni, si impongono modelli di business già internazionali
fin dall’origine: penso all’editoria per ragazzi, una punta di diamante della nostra produzione.
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A. Galla. Vanno salvate, arricchite e rinnovate le esperienze di formazione che riguardano il mondo della libreria. In particolare la Sli (Scuola librai italiani), che in sei anni ha rappresentato un esempio di eccellenza di didattica innovativa e di collaborazione convinta e continuativa tra librai ed editori. Mai come in questa circostanza si è creato un meccanismo virtuoso che vede attori della filiera collaborare per formare nuove generazioni di librai.

S. Parise. L’accesso alla conoscenza scientifica richiede un ecosistema popolato da una pluralità di attori. Per questa ragione abbiamo aderito all’appello del matematico americano Timothy Gowers, che ha dato vita a un movimento internazionale di protesta contro l’eccesso di concentrazione che caratterizza il mondo dell’editoria scientifica. I modelli commerciali di diffusione della conoscenza devono prevedere spazi praticabili per tutti gli operatori e armonizzarsi con il modello Open Access, almeno per quanto riguarda la ricerca finanziata dallo Stato.

M. Polillo. I progetti italiani all’estero: questa è una strada importante per l’editoria italiana, ed è anche quella in cui si dimostra tutta la nostra capacità di innovazione. Lo abbiamo visto con il crescente interesse per il progetto Arrow che sarà a breve utilizzato in tutta Europa per le opere orfane nell’ambito della digitalizzazione delle biblioteche; per il progetto Lia che punta ad aumentare la disponibilità sul mercato di e-book accessibili per non vedenti e ipovedenti; e ancora con il progetto Tisp metterà a costante confronto industria editoriale e fornitori di tecnologia europei, creando una piattaforma che favorisca lo scambio tra i due settori. L’Europa ci chiama e ci rispetta, forse l’Italia un po’ meno.
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A. Galla. Vorrei salvare «il libraio». Non è retorica, ma l’orgoglio di affermare il valore di un mestiere che oggi più che mai viene messo in discussione. È vero, dobbiamo rivedere i nostri punti di riferimento, ma nessun algoritmo può sostituire la passione, l’anima, il calore e, perché no, anche le arrabbiature che caratterizzano il nostro lavoro. Credo che la persona sia un valore e come tale vada coltivato e vissuto. Vedo che con lo sviluppo del digitale, molti parlano di «librerie» solo perché vendono libri in formato elettronico su una piattaforma. Ma anche il libro «smaterializzato» ha bisogno di un libraio che lo animi e lo renda vivo.

S. Parise. Il 2012 ha visto nascere un’alleanza fra bibliotecari, archivisti e operatori museali, che hanno dato vita a Milano alla prima edizione degli Stati generali degli istituti del patrimonio culturale. Il valore dell’iniziativa rende percepibile il fronte dei professionisti della cultura come soggetto unitario, per individuare proposte e azioni comuni da sottoporre agli interlocutori istituzionali.

M. Polillo. La «legge Levi» e la regolamentazione del settore: comunque la si pensi, questa legge è ad oggi l’unico atto in cui il legislatore abbia realmente messo il libro al centro. È un tentativo, migliorabile certo, ma c’è. Adesso serve che dalla parole si passi ai fatti e il libro e la lettura diventino tema costante del confronto, anche politico, magari anche della prossima campagna elettorale.

LE CINQUE COSE DA BUTTARE...
1
A. Galla. Tra le cose da buttare molte sono l’altra faccia di quelle da conservare. Vorrei innanzitutto buttare questa crisi, che non è solo crisi economica e dei consumi, ma una crisi di sistema e di valori di riferimento. Sento di vivere in un Paese che è disorientato e senza prospettiva di futuro. E la libreria è un termometro privilegiato di questa situazione.

S. Parise. Le biblioteche statali negli ultimi dieci anni hanno subito un taglio del budget che a valore reale supera il 70%; le biblioteche delle università hanno subito riforme e tagli che pregiudicano la possibilità di documentare la produzione scientifica; le biblioteche degli enti locali convivono fra stagnazione e recessione e con la prospettiva di vedere cancellate le reti territoriali che si appoggiavano alle province. La carenza di risorse economiche mettono a repentaglio la funzionalità delle biblioteche, il blocco degli organici e l’incapacità degli enti preposti di ripensare gli assetti organizzativi e il ruolo del sistema bibliotecario nazionale nportando a completamento l’opera di distruzione.

M. Polillo. Questa crisi: se potessi, sarebbe la prima cosa da buttare del 2012. Il libro è stato travolto dalla crisi dei consumi. I primi nove mesi dell’anno sfiorano il -9%. Non è un momento semplice, non lo sarà neppure il 2013 ma l’editoria italiana ha giocato e sta giocando tutte le sue carte per riprendersi: dalla tutela e dalla valorizzazione del pluralismo alla grande scommessa (con relativi investimenti) sul digitale e sui lettori.
2
A. Galla. Il disorientamento lo vedo forte anche nei nostri principali interlocutori: gli editori, soprattutto i più grandi. Per questo la seconda cosa che vorrei buttare sono alcune politiche commerciali e alcune scelte editoriali, spesso improntate più alla reazione a breve termine che alla proposta, più all’inseguimento di mode che alla ricerca di nuove strade.

S. Parise. Il saccheggio perpetrato ai danni della Biblioteca dei Girolamini a Napoli è un episodio clamoroso di delinquenza che mette a nudo la fragilità del nostro patrimonio librario. In questa squallida vicenda, oltre al faccendiere De Caro (in carcere), risultano coinvolti un ministro (l’autore della nomina incauta), un senatore della repubblica (inquisito ma tuttora presidente della commissione per la biblioteca e l’archivio storico del Senato) e altri comprimari, fra cui religiosi e commercianti di libri d’antiquariato. Un quadro desolante.

M. Polillo. La colpevole indifferenza della politica: è davvero tempo di intervenire. Assistiamo invece ancora a parole, a proclami, pure a sgambetti come quello della rettifica rispetto alla diffamazione estesa anche ai libri. Eppure chiediamo misure quasi a costo zero per dare opportunità e risposte: una politica coordinata per il libro,
un regolamento contro la pirateria, una politica di collaborazione per promuovere
libro e lettura. Ma i segnali che arrivano ci scoraggiano.
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A. Galla. La terza cosa che vorrei buttare è il continuo tentativo di delegittimazione della «legge Levi», sia attraverso interventi di noti opinionisti, sia attraverso una sistematica critica che cavalca il facile populismo della difesa del consumatore. Cosicché chi difende il principio ispiratore di questa legge e in generale quello che gli sconti non sono l’unico strumento per vendere più libri viene accusato di essere il solito commerciante esoso.

S. Parise. Il Decreto legge 95/2012 ha disposto i trasferimento coatto di circa 3.500 bibliotecari scolastici al settore amministrativo: d’incanto il lavoro in biblioteca è ritenuto superfluo e gli investimenti fatti negli anni dispersi. Come se non bastasse, in deroga alle procedure che regolano i contratti pubblici il medesimo decreto ha stabilito lecito l’affidamento gratuito della gestione di una biblioteca comunale ad associazioni di promozione culturale. Dulcis in fundo, l’art. 19 esclude i servizi culturali dal novero delle funzioni fondamentali dei Comuni. Significa che biblioteche, teatri, musei, archivi potranno essere finanziati solo dopo aver provveduto a tutte le funzioni obbligatorie. Se oggi ci toccano le briciole, chissà domani!
M. Polillo. La scarsa attenzione ai contenuti: questo poteva essere il loro grande momento. Nel varo dell’Agenda digitale fino a oggi i contenuti sono stati messi in secondo piano. Si continua a parlare di «cavi» e non si sta cogliendo l’occasione di riflettere su cosa vogliamo far viaggiare attraverso le reti superveloci di cui non vantiamo neppure il primato in Europa.
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A. Galla. «Il parossismo delle campagne»: in un anno di vigore della «legge Levi» si è realizzato un numero esorbitante di campagne promozionali, peraltro senza ottenere significativi risultati. Mi auguro che gli editori accettino il mio invito di avviare un ragionamento serio e responsabile per tornare ad un clima meno esasperato e mettere a punto proposte innovative e originali di vera promozione del libro.

S. Parise. L’Italia non è un paese per giovani e tanto meno lo sono le sue biblioteche, dove l’età media veleggia verso i cinquant’anni. La collettività spende cifre consistenti per la formazione delle nuove leve di professionisti della cultura ma le condanna poi ad un eterno precariato che allontanerà i più motivati dalla professione che avevano scelto, con buona pace della qualità dei servizi bibliotecari. Un gioco dove perdono tutti.

M. Polillo. La pirateria: sta mettendo a rischio il mercato nascente degli e-book e continua a interessare in modo significativo i libri di carta. Il mercato si può sviluppare solo se autori ed editori conserveranno il diritto di sfruttare i contenuti creati e pubblicati. Se gli elevati investimenti che le imprese stanno facendo non avranno un ritorno, il rischio è che il mercato muoia sul nascere. Chiediamo che AgCom emani il regolamento contro la pirateria digitale. Il diritto d’autore nasce proprio per difendere e valorizzare l’innovazione.
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A. Galla. Chi sta tentando di far passare la digitalizzazione dei libri di testo come una questione di civiltà e di modernità. La demagogia è sempre in agguato perché, se è innegabile che siamo di fronte ad un processo inarrestabile, l’Ali sostiene la necessità di un passaggio graduale, che tenga conto delle condizioni in cui si trovano scuola e famiglie. E poi, anche qui valgono le considerazioni espresse sul mestiere del libraio. Se si pensa che nel futuro si potrà fare a meno delle librerie e dei librai, con il loro legame con il territorio, questa è la strategia migliore. Ma a peggiorare sarà anche il Paese.

S. Parise. La digitalizzazione del patrimonio librario delle biblioteche non è un tema che interessa il governo e l’esperienza recente dell’accordo con Google per la conversione digitale di un milione di libri non ha insegnato nulla. Siamo condannati a muoverci in assenza di una politica nazionale
per la digitalizzazione.

M. Polillo. La distorsione dell’Iva sul digitale: è troppo avere pari opportunità tra lo stesso libro di carta e digitale? I libri di carta hanno un’Iva al 4%, i libri digitali al 21%. È chiaro che non possiamo darci una normativa ad hoc per l’Italia ma possiamo, anzi chiediamo ai nostri politici di battere i pugni sul tavolo a Bruxelles su questo temo. L’Aie continuerà a farlo.
(Interviste a cura di L. Biava)

Da Affaritaliani

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